Il deterioramento dell’ordine globale

Scacchiera mondo, il luogo dove tutti fanno la propria mossa

Dal conflitto in Ucraina ai contrasti di politica interna, l’ordine globale è sempre più compromesso.


Come già scritto in altre occasioni, il conflitto in Ucraina è in una fase di stallo, contrassegnata da piccole conquiste da parte russa e qualche spinta di orgoglio da parte ucraina. Gli accadimenti sul terreno non fanno più nemmeno notizia e ci si concentra su quanto viene detto, promesso e fatto al di fuori dal territorio ucraino. Il viaggio in treno di Mario Draghi, Olaf Scholz ed Emmanuel Macron direzione Kiev si è guadagnato le copertine per le immagini simboliche importanti che ha rilasciato, ma nel concreto nulla di nuovo. Ci si chiede, in virtù dell’attivismo dei principali leader europei e dell’Unione Europa, se sia finalmente giunta l’ora dell’Europa. E’ ancora presto per dirlo, anche perché il conflitto si trascinerà a lungo, ma speriamo che anche stavolta non finisca come nell’ex Jugoslavia, dove a causa del tentennamento europeo gli USA furono costretti ad agire in prima persona.

L’attivismo europeo risalta soprattutto per le difficoltà politiche dei suoi principali alleati. Gli Stati Uniti sono impegnati nella costruzione di un nuovo Washington consensus, da utilizzare per affrontare la minaccia russa prima, quella cinese poi, con l’intento, neanche nemmeno nascosto di riprendersi la leadership globale. Sullo sfondo c’è però il problema che non tutti credono alla possibilità degli USA di riprendersi la guida del mondo libero, alcuni non credono più nemmeno alla superiorità del modello di democrazia liberale di marca occidentale. Non lo credono alcuni paesi dell’America Latina che hanno disertato il vertice di Los Angeles promosso dal presidente Joe Biden, così come non lo credono diversi paesi asiatici che hanno aderito, ma con diffidenza, al recente Indo-Pacific Economic Framework (IPEF). La Gran Bretagna si trova in una situazione altrettanto difficile, con una monarchia che forse si avvicina al passaggio di testimone ed una leadership politica guidata dal goffo Boris Johnson, alla ricerca di una nuova dimensione per la Corona britannica post-Brexit. Missione impossibile dato che Londra non è capace nemmeno di regolare definitivamente la questione Irlanda del Nord.

Lo scontro verso il quale siamo diretti, ovvero tra la potenza egemone, gli Stati Uniti, e quella in forte ascesa, la Cina, si sviluppa a livello globale ormai da tempo. Washington e Pechino sono arrivate a contendersi due sconosciute isole stato del Pacifico, Fiji e isole Salomone, per dimostrarsi reciprocamente che non sono disposte a cedere nulla. Il punto dolente è e sarà Taiwan, verso la quale la Cina possiede affamati propositi di riconquista, mentre gli Usa si oppongono per puro calcolo strategico, per evitare che con questa mossa Pechino possa assicurarsi anche le riserve energetiche stipate sul fondo del Mar Cinese Meridionale. Il presidente USA Joe Biden ha affermato, seguito dai suoi collaboratori, che è pronto a difendere l’isola se dovesse essere attaccata dai cinesi, e lo stesso ha promesso di fare il Giappone. Gli Stati Uniti di questa Amministrazione a guida democratica si rivelano non molto diversi dalla precedente, a guida repubblicana, di Donald Trump, in quanto a minacce nei confronti della Cina. Ma mentre il multimilionario newyorkese aveva deciso di far perno principalmente sull’aspetto commerciale, l’ex senatore del Vermon punta su alleanze e accordi intrecciati. Ecco il motivo della Quadrilateral Security Dialogue, dell’Indo-Pacific Econonomic Framework, di AUKUS e di tutta una serie di iniziative che vorrebbero fare terra bruciata attorno dl gigante cinese.

Sullo sfondo un ordine nucleare in rapido deterioramento. A fronte di un via vai continuo di armamenti verso il territorio ucraino, in diversi analisti fanno balenare l’ipotesi di un deterioramento dell’ordine nucleare. Sarebbe l’escalation di un conflitto iniziato in sordina e proiettato verso scenari più apocalittici.

Danilo Giordano

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