
Mancava solo Christine Lagarde a complicare una situazione già molto difficile.
La guerra in Ucraina è entrata ufficialmente in quella fase in cui l’emergenza è diventata routine, il conflitto resta sullo sfondo, e solo eventi significativi riportano la situazione in primo piano. Il viaggio dei tre leader di Italia, Francia e Germania si è conquistato le prime pagine dei giornali più per il valore simbolico dell’evento (e per le belle foto scattate) che per il raggiungimento di obiettivi reali. L’unica vera novità è che sembra che “l’ora dell’Europa” sia davvero arrivata: l’attivismo della leadership UE e le prese di posizioni insolitamente forti di molti leader europei hanno riportato alla ribalta i centri di poteri del Vecchio Continente.
Un attivismo, quello europeo, che giova delle difficoltà politiche dei suoi principali alleati, ovvero USA e Gran Bretagna. i primi, per mano del presidente Joe Biden, sono alla ricerca di un nuovo consensus globale, che parte dal cortile sudamericano e arriva fino in Asia. Un nuovo consensus che deve servire agli USA per affrontare la minaccia russa prima, quella cinese poi, con l’intento, neanche nemmeno nascosto di riprendersi la leadership globale. C’è solo un problema, ovvero che in molti cominciano a non credere più alla possibilità degli USA di riprendersi la guida del mondo libero, alcuni non credono più nemmeno alla superiorità del modello di democrazia liberale diffuso in Occidente. Non lo credono alcuni paesi dell’Ameria Latina che hanno disertato il vertice di Los Angeles promosso da Biden, così come non lo credono diversi paesi asiatici che hanno aderito, ma con diffidenza, al recente Indo-Pacific Economic Framework (IPEF). La Gran Bretagna si trova in una situazione simile a quella statunitense, con una leadership incerta e traballante, guidata dal goffo Boris Johnson, alla ricerca di una nuova dimensione per la Corona britannica post-Brexit. Una missione piuttosto difficile, se Londra non è capace nemmeno di regolare la questione Irlanda del Nord.

Messo in un angolo il conflitto, l’interesse generale è tutto spostato sull’economia: inflazione e provvedimenti delle banche centrali i principali punti caldi, senza disdegnare le pessime previsioni di crescita economica dei principali paesi. Previsioni negative “sostenute” dai provvedimenti dei banchieri centrali, i quali sono “costretti” ad alzare i tassi di interesse, per combattere l’inflazione, generando la recessione economica. E la situazione non è molto diversa tra i due lati dell’Oceano Atlantico. Se da una parte la Federal Reserve statunitense decide di alzare i tassi di o,75, dall’altro lato la Germania fa registrare il tasso di inflazione più alto dai tempi della riunificazione. Non c’era bisogno di ingarbugliare ulteriormente la situazione, ma il mondo delle cryptovalute ha pensato bene di dare il suo contributo alla causa. Dopo l’affare riguardante l’ecosistema Terra/Luna, che ha provocato un crollo verticale della famosa cryptovaluta, è tutto il mondo crypto ad essere in subbuglio e a far registrare perdite di valore quotidianamente molto elevate. Non è dato sapere su chi pesa questa situazione, ma ulteriori sviluppi negativi genereranno nuovi scompensi all’economia, considerato che le crypto non erano più uno strumento di nicchia. Come se non bastasse, in chiusura di settimana l’ennesima gaffe di Christine Lagarde, a capo della BCE; che prima annuncia la fine del programma di acquisto di titoli di stato, poi, travolta dalle critiche, parla di un nuovo strumento per combattere l’aumento dello spread. Insomma, c’è molta confusione sotto il cielo.
Danilo Giordano
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