Un colpo di genio

Il Rinoceronte e il Cigno, newsletter globale di politica, economia, strategia

Alla spasmodica ricerca di un colpo di genio per uscire da una situazione ingarbugliata.


Servirebbe un colpo di genio per uscire da una situazione molto ingarbugliata, come quella che si è creata in Ucraina. Non è facile capire se il colpo di genio serva alla Russia, costretta dalle difficoltà a limitare i suoi obiettivi iniziali, all’Ucraina, in posizione difensiva dall’inizio del conflitto, o alle varie potenze coinvolte nel conflitto, la cui posizione vacilla con l’aumentare delle indirette conseguenze economiche. Ci vorrebbe un colpo di genio perché, nonostante tutto, nessuno degli attori coinvolti sembra voler recedere di un millimetro dalla propria posizione. Gli USA ritengono che la Russia sia pronta ad affrontare una lunga guerra e che l’attuale ritirata nel Donbass sia solo funzionale ad una successiva ripresa degli attacchi sulla capitale Kiev. Washington continua a fornire sostegno economico e militare all’Ucraina, è di questa settimana l’approvazione di un nuovo sostanzioso pacchetto di aiuti, mentre continua a tessere la sua tela diplomatica per convincere i paesi riluttanti a seguire il suo imperativo strategico di ridimensionare la Russia e chissà, magari, anche spodestare Putin. Con la Cina in posizione defilata e attendista, è l’Europa che si ritrova al centro di un enorme convergenza di interesse strategici diversi. Ultimo in ordine di tempo la decisione di Svezia e Finlandia di aderire alla NATO, una mossa generata dalla crescente sensazione di insicurezza dei due stati scandinavi, finora restii ad entrare nell’Organizzazione del Patto Atlantico, ed avallata dal fronte occidentale in maniera univoca. La scelta strategica russa di “bloccare” la possibile espansione NATO in Ucraina ha generato un opposto movimento di compattazione del Patto Atlantico, che oltre all’ingresso di Svezia e Finlandia prevede anche un’espansione in oriente nel lungo termina, sebbene Vladimir Putin si sia detto non preoccupato dalle scelte di Helsinki e Stoccolma. Ma l’Europa si trova all’inizio di un processo di cambiamento epocale che comprende, oltre all’impegno di ricostruire l’Ucraina post-conflitto, gli enormi sforzi economici necessari per la costituzione di un esercito europeo, la ricerca dell’autonomia energetica, le sfide globali del cambiamento climatico, della transizione energetica e del processo di digitalizzazione. Insomma, l’Europa potrebbe non essere più uguale a quella che conosciamo.

Ci vorrebbe un colpo di genio, altresì, per uscire da una situazione economica che si fa, di giorno in giorno, sempre più complicata, stretta nella morsa di un’inflazione dilagante che erode costantemente le previsioni di crescita futura. Due esempi estremi emblematici: la Gran Bretagna che fa registrare un’inflazione del 9%, la più alta dall’epoca dei governi Thatcher, ed il Giappone che rischia di entrare in recessione tecnica dopo aver fatto registrare una contrazione economica dell’1%. Le proiezioni dei principali istituti e organizzazioni internazionali prevedono una crescita economica globale oramai attestata attorno al 3%, molto più in basso rispetto alle stime post-pandemiche. Per molti stati occidentali si prospetta un’entrata in recessione, la cui durata non è data sapere, considerato che c’è una guerra tuttora in corso nel cuore dell’Europa. Delicata è la posizione delle banche centrali che nella loro politica di riduzione degli stimoli monetari utilizzati in questi anni di pandemia, devono adesso decidere dove piazzare il livello ottimale dei tassi. La Federal Reserve statunitense sembra connotata da un atteggiamento più aggressivo e diversi rialzi dei tassi sono stati già programmati per quest’anno, mentre la BCE, più cauta, si appresta ad aumentarli nella prossima riunione di luglio. Il rischio è che la frenetica ricerca di una soluzione all’attuale andamento inflattivo attraverso l’aumento dei tassi, possa spegnere le economie e deprimere la crescita.

Ci sono due ulteriori pericoli che incombono sullo scenario globale. Da una parte l’aumento generalizzato dei prezzi che si ripercuote anche su quelli del cibo e che potrebbe generare crisi alimentari globali, a partire dai paesi più emergenti e poveri. Questi ultimi si potrebbero trovare chiusi in un doppio problema: l’incremento dei tassi di interesse che aumenta il peso del loro debito, l’aumento del costo del cibo che potrebbe generare crisi sociali che richiamano alla mente le primavere arabe. Secondo pericolo è quello generato dal recente crollo delle criptovalute. Un crollo causato dalla performance disastrosa della crypto Luna e da tutto l’ambiente Terra, che però ha avuto ripercussioni su tutto le crypto. Un mondo, quello delle crypto, in cui risiedono ormai miliardi di dollari di investimenti e risparmi. Un suo crollo potrebbe generare una nuova tempesta finanziaria, pari a quella creata dal crollo di Lehman Brothers.

Danilo Giordano

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