
Energia e cripto
E’ proprio vero che questa pandemia sta spingendo molti a cambiare il loro punto di vista, per convinzioni proprie o perché obbligati da questioni economiche. Lo ha fatto questa settimana l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), suscitando non poco scalpore, quando ha sostenuto con forza la necessità di sospendere qualsiasi tipo di investimento nel settore fossili, se il mondo vorrà raggiungere l’obiettivo di emissioni zero nel 2050. L’Agenzia ha sollecitato, inoltre, tutti i principali stati emettitori di anidride carbonica ad aumentare il loro impegno nello sviluppo di energie rinnovabili, solari ed eoliche. L’appello della IEA è abbastanza insolito, trattandosi di un’organizzazione nata a seguito dello shock petrolifero degli anni ’70 e con lo scopo di sostenere un flusso di approvvigionamenti costante. Ma la necessità di riposizionamento post-pandemico ha convinto anche gli esperti dell’Agenzia Internazionale dell’Energia che il passaggio ad un’economia più sostenibile sia diventata ormai una necessità. Ci si aspetta che la 26^ COP, la Conference of the Parties of the United Nations Framework Convention on Climate Change, che si svolgerà in Novembre a Glasgow evidenzierà tesi analoghe sostenendo sforzi più sostenuti da parte della comunità internazionale.
E chissà cosa ne sarà dei bitcoin e di tutto il mondo delle criptovalute. Proprio nel momento in cui la strada per la loro definitiva affermazione sembrava spianata, è avvenuto un crollo verticale. Il bitcoin rimane sempre uno dei principali asset sui quali scommettere al momento, ma le incaute esternazioni social di Elon Musk e la dichiarazione della Banca Popolare cinese circa i rischi derivanti da un loro utilizzo diffuso, hanno affossato tutte le criptovalute cha hanno scontato perdite consistenti. La fermezza del Banca Centrale cinese deriva, secondo alcuni analisti, dal fatto che Pechino, come altri governi, si appresta ad entrare nel mercato delle valute digitali, attraverso la creazione di una propria, e allora cerca di togliere spazio a queste creazioni amorfe e senza padrone. E chissà che a segnare il destino delle criptovalute sia stata la recente vicenda di hackeraggio di Colonial Pipeline negli USA, il cui amministratore delegato, Joseph Blount, ha dichiarato di aver pagato un riscatto di 4,4 milioni di dollari in bitcoin per riottenere il controllo dei suoi sistemi informatici, infestati da un virus informatico diffuso da un’organizzazione chiamata Darkside. E’ risaputo che bitcoin e criptovalute in generale sono scarsamente tracciabili e pertanto vengono utilizzate nel dark web per acquisti poco puliti, oppure dai governi sottoposti a sanzioni per sfuggire al controllo. Potrebbe essere proprio la Cina, il paese con il maggior numero di minatori bitcoin, a decretare la fine delle criptovalute.
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