
Tra ribassi e rialzi
La vicenda Gamestop è destinata a rappresentare uno spartiacque nell’ambito borsistico. Non è ancora finita, ma la contrapposizione tra i grandi colossi del mercato e l’esercito di piccoli “scommettitori”, con quest’ultimi vincitori al momento, potrebbe fornire lo spunto per future contrapposizioni in cui Davide decide di sfidare Golia, a spregio della differenza di forze in campo. Quello che è avvenuto nella vicenda Gamestop è proprio questo ovvero la decisione di un esercito di piccoli investitori, ignari probabilmente del pericolo che corrono, di mettere in discussione la volontà dei grandi del mercato che avevano deciso di vendere le azioni di un’azienda che non ritenevano più profittevole. Ed in effetti è proprio così, Gamestop è un’azienda in forte crisi, con debiti crescenti e un progetto di chiusura di oltre 400 punti vendita in tutto il mondo. L’esercito di piccoli investitori, sostenuti da qualche personalità come Elon Musk, ha deciso soprattutto di opporsi con forza ad alcune pratiche borsistiche controverse, come lo short selling, ovvero la possibilità di vendere quote di una società, pur non possedendole effettivamente, scommettendo che andranno ancora peggio. La rivolta dei piccoli investitori, ormai un esercito che se si coalizzasse sempre conterebbe per il 25% del mercato, ha preso corpo sui social e su alcune piattaforma di condivisione come Reddit. Ancora una volta sono stati i social ha fomentare una rivolta, come nel caso dell’assalto a Capitol Hill, fomentato dai tweet del presidente uscente Donald Trump.
Mentre avveniva tutto ciò, il neo presidente USA Joe Biden era impegnato nell’emanazione di una caterva di ordini esecutivi che cancellassero le decisioni più controverse dell’amministrazione Trump. Bloccata la costruzione del muro con il Messico, bloccata l’ultimazione dell’oleodotto Keystone XL, eliminato il bando all’ingresso di persone provenienti da alcuni paesi musulmani, rimessi gli USA al centro di WTO e WHO. Ripeto quanto scritto in altra occasione: non so quanto questo repentino cambio di direzione, giusto o non giusto che sia, possa aiutare gli Stati Uniti d’America a riguadagnare rispetto e considerazione. In molti si chiederanno cosa succederà nel caso in cui tra quattro anni dovessero ritornare al potere i repubblicani? Repubblicani che, peraltro, si stanno dimostrando abbastanza ostili alla possibilità di impeachment nei confronti di Donald Trump: il provvedimento è passato agilmente alla camera, dove i democratici sono in netta maggioranza, ma sta avendo difficoltà al Senato, dove c’è una sostanziale parità tra i due schieramenti. I Repubblicani sono alla ricerca di una soluzione che attribuisca le colpe di quanto successo in questi anni, ma soprattutto a Capitol Hil lo scorso 6 gennaio, a Donald Trump, impedendogli di ricandidarsi tra quattro anni, in modo da ridurre al minimo l’impatto sulla propria accountability. Quella americana, al momento, nonostante la volontà di Biden di dimostrare il contrario, è una politica al ribasso.
E’ al rialzo, invece, la strategia della Cina, convinta, ora più che mai, che il nemico è in difficoltà. E allora Xi Jinping, dallo scranno virtuale del World Economic Forum di Davos, avverte tutti contro i rischi di una nuova guerra fredda e rivendica la specificità del modello cinese, di certo non inferiore agli altri. Rivendica soprattutto il fatto che il modello da lui creato non venga giudicato, ma accettato, così come devono essere accettate le sue rivendicazioni territoriali, economiche, sanitarie e morali. La Cina si considera un punto di riferimento per tanti paesi e non merita l’inizio della campagna umanitaria, portata avanti dagli USA, in merito alla questione della minoranza uigura nello Xinjiang. E’ il discorso che porta avanti da tempo per quanto riguarda le responsabilità della diffusione della pandemia da Covid-19: Pechino ha cercato di trovare un altro colpevole, spesso l’Italia, ed ha festeggiato la vittoria democratica alle elezioni USA, certa che questi ultimi, dotati di maggiore savoir faire dei trumpiani, non toccheranno mai, direttamente, quel tasto.
E proprio con il virus si conclude questa altalena tra ribassi e rialzi. Le recenti previsioni economiche formulate dai tipi del Fondo Monetario Internazionale hanno risentito delle buone notizie derivanti dalla distribuzione di vaccini e sono state migliori delle precedenti, redatti quanto la pandemia era all’apice e non si vedeva alcuna luce alla fine del tunnel. La crescita globale dovrebbe toccare il 5,5% quest’anno, un dato migliore di quel 5,2% previsto lo scorso ottobre. Il rialzo nelle prospettive economiche deriva dall’inizio della distribuzione globale dei vari vaccini, prodotti globalmente per difendersi dal Covid-19. Dopo questo bagno di entusiasmo provocato dalle buone previsioni economiche del Fondo Monetario Internazionale è ritornata la realtà, a dirci che non bisogna entusiasmarsi troppo e soprattutto, troppo in fretta. La distribuzione dei vaccini procede a rilento, le diverse case farmaceutiche incontrano i primi prevedibili problemi logistici, il coordinamento, soprattutto laddove è prevista la doppia dose, non sta funzionando benissimo. Insomma, dopo la gioia per l’inizio della distribuzione dei vaccini, subito una delusione per la non completa funzionalità di questo processo. Un ennesimo saliscendi, in questo complesso gioco di ribassi e rialzi che chissà dove ci porterà.

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