Il Rinoceronte e il Cigno #41

Proscenio globale nel quale si dipanano politica, economia e strategia

La contesa statunitense per la scelta di colui che guiderà la più grande potenza del pianeta ha invaso il dibattito politico globale, togliendo lo spazio alla questione coronavirus, con grande sollievo di tutti noi. Nel corso di queste due settimane si sono svolti i primi due dibattiti televisivi, quello tra i due candidati alla presidenza e quello tra i due vice. Non sono stati due serate di alto profilo, in particolare quella tra Trump e Biden, ma hanno comunque lasciato un’idea. L’idea è che entrambi gli schieramenti non abbiano molto da dire, Trump continua a insistere sul nemico cinese e sui suoi risultati economici, Biden sulla necessità di una svolta green (era il cavallo di battaglia anche di Obama) e sulla ripresa del dialogo con l’Iran. Da molti analisti il confronto Trump-Biden è stato definito il peggiore della storia USA, con il primo che ha interrotto costantemente il secondo, il quale, al netto delle scorrettezze, non è sembrato in grado di controbattere in maniere efficace. Molto più soft il confronto tra i vice Mike Pence e Kamala Harris, con quest’ultima che avrebbe prevalso secondo i primi sondaggi, ma anche in questo caso è stato un continuo accusarsi reciproco su errori e scelte commesse in passato. Non c’è stato nemmeno il tempo di analizzare per bene quanto avvenuto che è arrivata la notizia della positività di Donald Trump, la october surprise. Più che la positività di Trump a colpire è stato la “convalescenza” del presidente USA che, ricoverato per l’insorgere di alcuni sintomi, è rientrato alla Casa Bianca dopo soltanto pochi giorni, invitando i cittadini americani a non farsi abbattere dal virus. Un atteggiamento al solito irresponsabile e sprezzante del presidente, incurante degli oltre 200 mila morti per Covid-19 avvenuti nel suo paese, testimonianza però della sua volontà di rafforzare la sua base elettorale, senza andare a cercare consensi da altre parti.

Il tweet di Donald Trump dopo l’uscita dal Walter Reed Medical Center

Mentre la disfida pubblica tra i due candidati USA è sospesa, nell’attesa di notizie circa lo stato di salute di Donald Trump, la situazione internazionale è tutt’altro che calma. Innanzitutto il 6 ottobre, a Tokyo, si è tenuto il secondo meeting del QUAD, l’organizzazione informale che unisce USA, Giappone, India e Australia, il cui scopo palese è quello di contrastare la Cina nella regione indo-pacifica. Il summit non ha prodotto molto di concreto, ma la sua istituzionalizzazione comincia a preoccupare le élite cinesi. Non c’è stata una dichiarazione finale e congiunta si condanna contro la Cina, ma il solo riunirsi ha scatenato la reazione cinese che per il tramite della sua ambasciata a Tokyo ha chiesto di smetterla con questa retorica della forza, e di riprendere il dialogo. L’intenzione statunitense sul QUAD potrebbe essere quella di costituire una NATO asiatica, ma questa eventualità non sembra riscaldare i cuori degli altri partecipanti. C’è da sottolineare che l’iniziativa era molto “spinta” dal premier giapponese Shinzo Abe, che la vedeva come una testa di ponte per ridare importanza militare al suo paese, ma le sue dimissioni per motivi di salute potrebbero portare anche ad un cambiamento di strategia sotto la guida del nuovo premier Suga. Alcuni analisti sottolineano che le Australia e India siano poco propense ad andare aldilà di una semplice alleanza che possa portare anche vantaggi commerciali, altri rilevano invece che la macchina strategica è lenta, ma in costante movimento verso una visione più larga del teatro indo-pacifico.

La posizione PREI dei paesi QUAD e della Cina

Il quadrante centro-asiatico, nel frattempo ribolle. Bielorussia, Kirghizistan e Nagorno-Karabakh sono assurti dal quasi nulla alle cronache internazionali, a causa delle ribellioni popolari nei primi due casi e della guerra tra Armenia e Azerbaigian nel caso della piccola enclave dal nome complesso. Queste tre situazioni complesse nascono per tre motivazioni diverse, ma hanno un comune denominatore, ovvero sono ex repubbliche sovietiche. Mentre la questione del Nagorno-Karabakh rappresenta una questione territoriale da tempo irrisolta, le due proteste popolari in Bielorussia e Kirghizistan contro le élite che governano il paese sono nate quasi dal nulla, il che ha fatto pensare che possano rappresentare il tentativo statunitense di far vacillare l’impero putiniano. Le prossime elezioni in Georgia e Moldavia potrebbero dare un segnale in tal senso, ovvero far capire se ci sia qualcosa di costruito o il tutto nasca spontaneamente. Altrettanto importanti in tal senso sarebbe il risultato delle elezioni presidenziali statunitensi del 3 novembre: una vittoria del democratico Biden, accompagnata anche da un’affermazione al Congresso, risulterebbe in un atteggiamento più ostico nei confronti della Russia, laddove Trump, in caso di una sua affermazione, continuerebbe ad avere un atteggiamento piuttosto ondivago. Bielorussia, Kirghizistan e Nagorno-Karabak hanno una valenza territoriale non di poco conto, trovandosi sui principali percorsi delle pipelines, nonché siano parzialmente interessati dal mastodontico progetto commerciale cinese denominato Belt and Road Initiative.

La storia dei tassi di interesse USA

Infine il coronavirus. La situazione sta peggiorando in quasi tutti gli stati d’Europa, con Francia, Spagna e Gran Bretagna che registrano un numero di contagiati giornaliero molto alto. L’Italia e la Germania che erano riusciti sino ad ora a contenere questa seconda ondata, nel corso dell’ultima settimana hanno visto aumentare il numero dei positivi in maniera considerevole, ritornando a quei numeri che si erano presentati tra marzo e aprile, ovvero all’inizio della pandemia. Notizia positiva è il fatto che a fronte di un alto numero di contagiati, per ora si registrano numeri bassi di ospedalizzati e ricoverati in terapia intensiva. Insomma il virus è tornato, ma noi ovviamente siamo più preparati nell’affrontarlo. Le governance politiche degli stati europei e non solo, si trovano dinanzi ad una scelta difficile: cosa fare nel momento in cui anche le vittime dovessero diventare troppe? E’ il caso di ricorrere nuovamente alla pratica del lockdown, cosa che darebbe un colpo mortale alla già debole economia e ai suoi propositi di ripresa? Pertanto si parla di chiusure e blocchi localizzati, proprio per evitare uno scenario catastrofico generalizzato. Scenario catastrofico che tra guerra commerciale globale, esito elezioni USA, Brexit e coronavirus potrebbe verificarsi in una maniera molto più terribile di quanto possiamo pensare.

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