Back and forth #0

Il palcoscenico globale è occupato da mesi dalla problematica relativa alla diffusione del virus Covid-19 e la settimana appena trascorsa non è esente da questo trend. Secondo la John Hopkins University, diventata oramai la global covid tracker, ad oggi i contagiati sono più di 2.790.000, mentre i morti rasentano i 200 mila. Queste spiacevoli classifiche sono entrambe “capeggiate” dagli Stati Uniti che nella sola città di New York hanno fatto registrare oltre 16 mila morti, mentre in Europa anche la Francia, insieme ad Italia e Spagna ha oltrepassato il limite psicologico dei 20 mila decessi. Ha destato scalpore il rapporto dell’OMS riguardante le morti in Europa, metà delle quali si sarebbe verificata nelle cosiddette case di riposo/residenze per anziani, dove le cure e le precauzioni intraprese sarebbero state insufficienti. Nel frattempo Russia e Turchia che inizialmente sembravano essere state “risparmiate” dal virus, dopo aver visto un eccessivo aumento dei casi, hanno deciso di intraprendere misure di lockdown analoghe a quelle europee. Il numero di casi nel Sud-est asiatico è cresciuto in maniere importante nel corso dell’ultima settimana, creando preoccupazione tra gli esperti circa un nuovo hot spot dell’infezione. Ma la settimana appena trascorsa ha visto anche lo svolgimento del Consiglio Europeo che avrebbe dovuto decidere sulle misure da mettere in piedi per affrontare a livello comunitario la difficile partita legata al virus. Il vertice si è concluso con un nulla di fatto, o meglio con nessuna misura significativa intrapresa, se non la promessa di istituire un Recovery Fund che metterà fondi a disposizione degli Stati in difficoltà. Resta ancora da capire come e quando. Se ne parlerà al prossimo Consiglio Europeo previsto per giugno.

Nonostante le limitazioni alla possibilità di condurre vertici “di persona” continua la diatriba tra Unione Europea e Gran Bretagna per la Brexit che dovrebbe concretizzarsi alla fine di giugno. Nel corso di un recente vertice tra i rispettivi capi delegazione, tra UE e Uk non è stato raggiunto nessun accordo sostanziale tra le due parti e c’è l’opposizione britannica a non rimandare ulteriormente le contrattazioni per l’uscita definitiva dal consesso europeo. Rimangono solo due settimane ulteriori di contrattazione, tra l’11 maggio e il 1 giugno, nel corso delle quali dovranno essere risolte una miriade di problematiche. Un rischio molto elevato tanto per l’Unione Europea quanto per la Gran Bretagna, considerando anche che entrambe sono nel pieno dell’emergenza coronavirus.

In questo periodo di crisi non potevano mancare di “farsi sentire” due stati che sembrano sempre venir fuori al momento meno opportuno. Innanzitutto la Corea del Nord, dove le voci incontrollate circa il peggioramento delle condizioni di salute del leader Kim Jong-un sono state numerose e incontrollate, oltre che difficilmente verificabili. Resta il fatto che un’eventuale dipartita del leader nord-coreano rappresenterebbe una situazione difficile da gestire nel caso non ci fosse una transizione ordinata. Eppoi c’è l’Iran che, nonostante il regime sanzionatorio duro a cui è sottoposto, ne ha approfittato per lanciare il suo primo satellite militare, generando non poco stupore e preoccupazione. Immediata la reazione del presidente statunitense Donald Trump che ha rivelato di aver dato istruzione alla marina di affondare qualsiasi nave iraniana dovesse effettuare manovre non ritenute idonee. Al Pentagono, però, dicono di non saperne niente…

Eppoi c’è il Brasile dove il presidente Jair Bolsonaro ha ottenuto il record negativo di essere l’unico leader a non beneficiare del classico effetto del rally around the flag, che generalmente si verifica nelle situazioni di emergenza, come questa legata al coronavirus. Di fatto Bolsonaro ha prima relegato a pura fantasia le preoccupazioni circa la pericolosità del virus, poi si è opposto alle decisioni dei governatori degli stati di imporre misure di lockdown, mentre il virus sta facendo sempre più vittime nel paese. Nel frattempo la crisi politica legata alle dimissioni del ministro della giustizia Sergio Moro, per intenderci colui che ha diretto l’enorme inchiesta sulla corruzione nella politica Lava Jato, il quale ha accusato il presidente di eccessiva intromissione nei suoi affari, dopo aver licenziato il capo della polizia federale Mauricio Valeixo. E’ un periodo politico molto difficile per Bolsonaro. Nelle scorse settimane alcune voci incontrollate parlavano di un suo possibile “commissariamento” da parte dei militari.

La diffusione del coronavirus, oltre ai numerosi decessi, sta provocando enormi danni economici a livello globale, di cui si cominciano a vedere i primi risultati. Ad essere colpito più duramente e per primo è stato il settore dei trasporti aerei, bloccato, ovviamente, dalle numerose restrizioni imposte dai singoli paesi, nonché dalla difficoltà di proporre una soluzione logistica efficiente. Nel corso di questi mesi diverse compagnie aeree hanno chiesto il supporto dello stato per affrontare questa crisi ed ultimamente si sono aggiunte Norwegian Airlines, l’indiana SpiceJet, e la South African Airways. La statunitense United Airlines ha deciso di vendere 22 aerei della sua flotta ad una compagnia asiatica, nel tentativo di conservare denaro e oltrepassare la crisi.

Nel corso di questa settimana c’è stato il rilascio di importanti trimestrali statunitensi che hanno aiutato a capire come si sta muovendo l’economia e fino a che punto la crisi sta colpendo le imprese. Colpisce in questo ambito la prestazione di Netfli, vero e proprio gigante dell’infotainment, che ha fatto registrare una performance superiore alle migliori previsioni: c’è stato un incremento di 15.77 milioni di nuovi abbonati che porta il numero globale dei sottoscrittori dei suoi servizi a 183 milioni. Ha fatto registrare performances interessanti anche Snapchat che ha raggiunto quota 229 milioni di utenti, facendo balzare il titolo in borsa di oltre il 20%.

Ma questa è stata soprattutto la settimana del petrolio che, nella serata di martedì, ha fatto registrare per il WTI un prezzo al barile in negativo ovvero sotto i -37.6 $. L’oro nero è in picchiata perché sottoposto ad enormi pressioni a causa del coronavirus, che ne ha praticamente azzerato i consumi, dato che nemmeno l’accordo sui tagli decisi al vertice dei paesi OPEC+ è riuscito a risollevare la situazione. C’è ovviamente una parte di speculazione, ma c’è piuttosto l’evidenza che l’economia globale sia praticamente ferma, ed i produttori di petrolio facciano fatica a trovare spazio dove stoccare il greggio.

Questo mix di difficoltà legate alla diffusione del virus Covid-19 può rappresentare un vero cambio dei paradigmi politici sinora espressi. La battaglia legata all’attribuzione di una qualche responsabilità alla Cina non è soltanto la volontà di trovare una spiegazione scientifica coerente, ma è soprattutto la rappresentazione evidente dell’esistenza di uno scontro tra una potenza tuttora egemone, gli Stati Uniti, ed una potenza in forte ascesa, la Cina. Gli esiti di questo scontro sono davvero difficili da immaginare, ma i danni potrebbero essere globali se non si riuscisse ad arrivare ad una sorta si accordo. A latere le difficoltà politiche che entrambi i leader, Trump e Xi Jinping, stanno incontrando nei loro paesi, soprattutto per quanto riguarda il modo in cui hanno affrontato l’emergenza.

Sul terreno europeo si stanno combattendo due battaglie intrecciate. Da una parte le istituzioni europee che “faticano” a trovare la quadra rispetto agli strumenti, soprattutto finanziari, da utilizzare per affrontare l’emergenza coronavirus: tale difficoltà è la testimonianza più palese di uno scontro ormai aperto e aspro tra due diverse visioni delle istituzioni comunitarie, giornalisticamente ridotte ad un semplicistico Nord contro Sud, in realtà rappresentazione di un conflitto latente per l’egemonia europea. Le differenti date per la riapertura post emergenza sono anche una corsa ad accaparrarsi la posizione migliore per la ripartenza, considerato che le previsioni economiche per il 2020 peggiorano di giorno in giorno, colpendo fortemente anche economie, come quella tedesca, ritenute più solide. La sensazione generale è che non è ancora dato sapere se si possa procedere davvero a delle riaperture sostanziali delle economie, perché sono ancora molto poche e tutte in divenire le conoscenze che la scienza possiede riguardo all’evoluzione di questo virus. Un aspetto di cui si discute davvero poco e che potrebbe rappresentare un terzo fronte del virus, dopo quello sanitario ed economico, riguarda l’effetto sulle migrazioni dai paesi poveri verso quelli più ricchi: secondo un report prodotto dall’ONU, il Covid-19 potrebbe raddoppiare il numero di persone con problemi di sicurezza alimentare che potrebbero spingersi in massa a ricercare alternative altrove.

Infine gli effetti perversi del petrolio che, a causa dei prezzi molto bassi, potrebbe mettere in difficoltà i bilanci di alcuni paesi che basano le loro economie principalmente sull’esportazione di questo prodotto. Paesi come Nigeria, Russia, Arabia Saudita e Medio Oriente, qualora la situazione dovesse persistere, avranno seri problemi di sostenibilità, in particolare per quanto riguarda i generosi sovvenzionamenti che il greggio consente.

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